IL VIAGGIO
L'orario di partenza è decisamente insolito, sono le 20.30 del due gennaio 2001. Non è freddo ma piove e molti decidono di caricare sul pullman, fermo in piazza, oltre ai bagagli anche l'ombrello che li ha accompagnati fino lì. La comitiva è formata da noi coristi del coro "La Rocca"di Gaggio Montano e da molti amici e familiari. Siamo cinquantuno e stiamo partendo per un viaggio di oltre 1200 chilometri che ci porterà a Tychy, cittadina polacca posta nelle vicinanze di Katowice. Il Maestro ]anusz Muszynski è il direttore della corale "Pro Arte Ecclesiastica" ed uno fra gli organizzatori di una manifestazione che ormai da dieci anni si tiene a Tychy e che ha visto esibirsi nei suoi teatri e nelle sue chiese diversi cori e corali nazionali ed esteri. Il maestro è venuto a conoscenza del coro "La Rocca" e del suo repertorio popolare grazie all'amicizia col nostro corista Stefan Gwiazda, originario della zona, che ha avuto la splendida idea di inviargli una copia del c d che abbiamo inciso due anni fa. Il coro "La Rocca" è stato invitato per l'occasione e avrà l'onore di aprire la manifestazione che si svolgerà dal sei al quattordici gennaio 2001. Grazie al Maestro e alla signora Teresa Krayewska, che ci ha poi accompagnato nelle visite, è stata organizzata la nostra permanenza in Polonia avviando nel con tempo il gemellaggio fra la municipalità di Tychy e quella di Gaggio Montano.
Ma ritorniamo alla nostra partenza.
Tutti i partecipanti sono saliti, anche Nicolò è al suo posto e capirete poi l'importanza di questa precisazione; Antonio Guarino, presidente del coro, con la lista in mano percorre il corridoio contandoci e, terminata la conta, dà a Marcello, l'autista, il via libera e si parte.
Dormire in pullman è difficile, i posti sono sacrificati, non tutti sono dell'idea di provarci anche perché nessuno ancora accusa stanchezza. Comunque al mattino dopo, alle 7.30, quando scendiamo dal pullman nei pressi del palazzo municipale di Vienna, ci sembra molto più freddo di quello che è; camminare sentendo gambe e schiena intorpidite è faticosissimo e poi, tanto per gradire, ricomincia a piovere. Comunque tutti siamo molto affamati e, aperto il baule, si stappano bottiglie di vino, anche di acqua, poche; dagli scatoloni cominciano ad uscire crescentine ripiene e panini preparati il giorno prima. White, ovvero Giancarlo Battistini, dimostra di essere attrezzatissimo ed allestisce un mini tavolinetto sul quale affetta salume, pane e apre crescentine. Piove sempre ma tutti, in piccoli gruppi sotto gli ombrelli, iniziamo a passeggiare per la città che si sta animando. Vienna è molto bella ma sia per la fretta (abbiamo poco tempo per la sosta) che per il maltempo nessuno riesce ad apprezzarla come dovrebbe essere e, almeno per me, è stato come vedere delle immagini fuggevoli che hanno stimolato il desiderio di approfondirne la conoscenza.
Al confine con la Repubblica Ceca, a Mikulov, la sosta causata dalle lungaggini burocratiche ci ha fatto perdere più di due ore. Alla prima area di sosta che incontriamo ripetiamo il pic nic come a Vienna con la differenza che quì è molto più freddo. Piccinino, ovvero Franceschini Mario, ha portato del pane fatto in casa che è una delizia; il freddo comunque non aiuta e io come altri, temiamo che ci bloccherà la digestione. Per questo prendiamo d'assalto il negozio dell'area di servizio. Per fortuna accettano le lire italiane e tante bottigliette di vodka trovano altrettanti acquirenti; sono state vuotate in fretta creando nella parte di coda del pullman una buona atmosfera tanto da portare qualcuno ad intonare qualche canto. Ce lo aspettavamo e Gnogno, Giorgio Gandolfi, intona il suo cavallo di battaglia, "saltai sù dal piragnà-gnà", canzone dalle parole poco chiare e dalle origini sconosciute ma che tutti ripetono a memoria.
E' buio ormai quando arriviamo alla frontiera con la Polonia; ancora lungaggini burocratiche ma per fortuna dopo meno di un'ora riprendiamo il viaggio. Oltre il finestrino il paesaggio scorre indistinto, solamente le luci dei paesi segnano il buio. Ormai dovremmo essere quasi arrivati. Illuminate da potenti fari, compaiono un numero imprecisato di Fiat Seicento allineate ordinatamente nei grandi parcheggi dello stabilimento polacco della Fiat Siamo arrivati perché lo stabilimento è posto proprio nelle vicinanze di Tychy.
Un piccolo contrattempo e la stanchezza creano disappunto; nell'albergo che ci avrebbe dovuto ospitare è saltato l'impianto di riscaldamento per cui veniamo dirottati in un altro albergo che non è preparato ad accoglierci e per questo perdiamo molto tempo per sistemarci. Questo albergo, inoltre, non può fornirci la cena, per cui di nuovo sul pullman e via verso il motel Lesny; che dista alcuni chilometri, per cenare. Si vede che qui si erano preparati e la sala da pranzo è accogliente e ben riscaldata anche se solamente con stufette d'emergenza. Siamo tutti stanchi ed affamati e apprezziamo la cena, in particolare l'ottima birra.
Tanto per non.perdere l'abitudine, terminate le poche chiacchiere del dopo cena, di nuovo sul pullman e poi a letto. Dove siamo ospitati, prima di essere trasformato in albergo era un condominio: le camere sembrano ricavate da mini appartamenti. Sicuramente siamo in una zona non turistica o almeno non ancora e le strutture d'accoglienza sono più rivolte ad ospitare addetti al trasporto e al commercio di passaggio. Siamo già seduti in pullman, pronti per andare a colazione e lì incontrare la signora Teresa che ci accompagnerà durante la giornata. Manca qualcuno? Certo, ma ecco li scendere le scale dell'albergo, sono Nicolò e Adriana, la sua compagna, un po' in ritardo ma per niente preoccupati per gli sguardi severi della maggior parte di coloro che, puntuali, li stanno aspettando.
la giornata si preannuncia bella, un leggero strato di nebbia che sale dal suolo a tratti preclude alla vista il paesaggio. C'è molto verde, grandi boschi e piane che presumo coltivate si stendono a perdita d'occhio subito fuori i grandi agglomerati urbani. In lontananza si vedono però ciminiere di industrie e di centrali termoelettriche. Siamo in una zona mineraria ancora attiva, in particolare per l'estrazione del carbone che qui viene utilizzato sia per il riscaldamento domestico che per la produzione di energia elettrica e così, soprattutto la sera e al mattino, si sente un forte odore di fumo simile a quello che ancora adesso si può sentire, ma in misura assai minore, passando per le vecchie gallerie della ferrovia Porrettana nel tratto che va da Porretta a Pistoia.
LA MINIERA DI SALE
Oggi andiamo a visitare la miniera di salgemma di Wieliczka, meta turistica di notevole importanza tanto che, per la sua unicità e bellezza, nel 1978 è stata iscritta dall'UNESCO nella lista del patrimonio mondiale per la cultura e la natura. Siamo tutti molto incuriositi per quanto andiamo a vedere, fioccano le domande rivolte a Stefan e a sua moglie Jula che hanno visitato la miniera alcuni anni fa; le loro risposte non attenuano minimamente la curiosità, anzi la accentuano ma ormai è ora di scendere dal pullman, siamo nel parcheggio davanti l'ingresso della miniera, ben identificabile anche da lontano per L'inconfondibile castello metallico che serve all'ascensore che scende in uno dei pozzi e che ci dicono essere ancora quello usato dai minatori del passato e che pure noi utilizzeremo poi per risalire in superficie.
Nell'atrio rimaniamo raggruppati in attesa della guida, alcuni decidono di non effettuare la visita per problemi di claustrofobia. Eccola, è una ragazza bionda molto carina sia come aspetto che come modi, si chiama Caterina; cerca, e in parte riesce, di essere simpatica, forse le viene chiesto da contratto. Scesi 378 gradini in legno all'interno di un pozzo arriviamo al primo livello di visita ad una profondità di 64 metri. Caterina ci informa sul comportamento da tenere durante la visita e, "come da contratto", sempre in modo molto simpatico ci dice: - Qui è tutto di sale, pavimenti, lampadari e statue, potete controllare se volete, è possibile leccare tutto tranne le statue e la guida -. Una risata scontata ma spontanea risuona fragorosamente nella sala dal basso soffitto. Iniziamo così un percorso che ci porta a visitare varie sale di forma diversa, ora ampie ora piccole e collegate da lunghi corridoi rivestiti di legno; è sempre stato usato il legno anziché il metallo in quanto il primo non viene deteriorato dalla salsedine.
Il giacimento di sale di Wieliczka si è formato circa 18-20 milioni di anni fa quando nella zona c'era ancora il mare che poi, per effetto di movimenti tettonici e modificazioni del clima, lasciò il posto a vaste aree nelle quali avvenne un lento processo di evaporazione e sedimentazione di vari minerali fra i quali il preziosissimo sale (NaCL). I giacimenti di Wieliczka sono stati scoperti e quindi sfruttati a partire dal tardo medioevo, ma le perforazioni e lo sfruttamento intensivo hanno avuto inizio ne117° secolo; le gallerie che stiamo percorrendo sono di quel periodo. Gli strati di salgemma non si sono depositati in strati uniformi per cui i minatori dovevano procedere per tentativi; quando trovavano un deposito consistente lo scavavano quasi completamente e passavano poi al successivo lasciandosi alle spalle uno spazio vuoto grande quanto il deposito stesso. Il percorso turistico è stato aperto nel 1935 e sempre arricchito di altre sale e attrazioni. I minatori hanno abbellito e caratterizzato ogni sala con statue e ornamenti tutti rigorosamente di sale. Grazie alla sapiente illuminazione, ai nostri occhi si presentano immagini che irradiano trasparenze e riflessi straordinari. La temperatura è gradevole e costante, circa 16°, al contrario di quello che mi aspettavo: per questa ragione e per le particolari caratteristiche dell'aria, un livello della miniera è adibito a sanatorio per curare malattie della respirazione.
Ad ogni sala un'emozione nuova e crescente.
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Alle quindici, sappiamo che viene riaperta l'immagine sacra e tutti ci affrettiamo per non mancare l'appuntamento. La Cappella si sta riempiendo, sono abbastanza vicino al presbiterio quando riparte il breve ma suggestivo concerto, eseguito da monaci del convento, che accompagna "l'apparizione" dell'immagine sacra. Questa volta sono riuscito ad inginocchiarmi ma, non capisco, la gente si muove; sempre inginocchiati una gran parte dei presenti compie un percorso che gira attorno all'altare maggiore durante il quale pregano e chiedono grazia.
A sorpresa il padre guardiano ci chiama a cantare di nuovo al cospetto dell'immagine scoperta della Madonna Nera; l'emozione è ancora più grande di prima, mentre canto sento questa presenza che dall'alto mi segue, è suggestione forse? No, per me è fede. Al termine della nostra esibizione, una cantante polacca esegue alcune calende, canti di origine popolare e tipicamente natalizi. Il Maestro ]anusz, uscendo, ci comunica che raramente viene concesso di esibirsi nel presbiterio della cappella del santuario, al nostro coro è stato dato il grande privilegio di poterlo fare ben due volte. Sono rimasto molto colpito da questa esperienza, lo è stato tutto il nostro gruppo e lo si può leggere nei volti che abbiamo uscendo da questo luogo sacro conosciuto in tutto il mondo.
KATOWICE
Riprendiamo il pullman e partiamo alla volta di Katowice dove siamo attesi al convento dei frati Francescani di Panewniki per accompagnare la messa delle diciotto.
La chiesa è di costruzione recente, molto grande e gremita di fedeli. Dietro l'altare maggiore c'è un grande presepio che occupa tutta la larghezza del presbiterio. Terminata la messa ci viene chiesto di eseguire alcuni canti del nostro repertorio. Ci schieriamo ai piedi dell'altare, pochissime persone hanno lasciato la chiesa al termine della messa per cui è ancora gremita; dopo aver superato brillantemente la prova emotiva dell'esibirsi a Czestochowa, ripeterci qui, nonostante il foltissimo pubblico, non ci crea problemi, anzi, è per tutti noi un'ulteriore prova in preparazione del concerto della sera successiva. Al termine della esibizione, foto di rito e visita ad un secondo presepio posto al di sotto dell'altare maggiore: si tratta di un presepe permanente, meccanico e con statue che, a grandezza naturale, raffigurano personaggi famosi del passato e del presente della Polonia, fra questi Papa Giovanni Paolo II.
La cena al motel è allietata da un trio di musicanti locali, sorpresa preparataci dal proprietario, che con fisarmonica, chitarra e tamburello ci suonano brani molto allegri sicuramente di origine popolare. Nasce così una sorta di amichevole competizione e collaborazione con i musicisti al nostro seguito; questa sera si può ballare e, nonostante i ridotti spazi, riusciamo a fare diversi giri di valzer.
Il vino, sempre proveniente dalla capiente pancia della corriera, assieme alla birra e alla vodka che le sveltissime cameriere non fanno mancare, rendono il clima ancora più festoso; tutti partecipano musicalmente cantando e percuotendo ogni cosa che riesce ad emettere un suono. La rottura di qualche tazzina e bicchiere non preoccupa, anzi, è segno di partecipazione attiva al concerto.
Al momento di rientrare all'altro albergo, qualcuno decide, come la sera prima, che la serata non deve finire lì e abbandona il resto della comitiva, destinazione una discoteca conosciuta dal figlio del padrone del motel. Qualcun altro si preoccupa per la puntualità del gruppo la mattina successiva che rischia di farci arrivare in ritardo all'appuntamento.
E invece, non dico che Nicolò è il primo ad uscire, ma poco ci manca; Adriana ha comunque preferito rimanersene a letto e raggiungerci nel pomeriggio a Tychy prima del concerto.
In pullman il clima è il solito; in coda il gruppo dei barzellettieri, che si è formato naturalmente durante il viaggio di andata, polarizza l'attenzione mentre, all'oscuro di tutto questo, davanti continuano ad aiutare con molto impegno il povero Marcello a sbagliare strada.
I CAMPI DI CONCENTRAMENTO NAZISTA
Stiamo andando ad Oswiecim, nome che durante l'occupazione nazista era stato trasformato nel tristemente famoso Auschwitz. Alla mia destra vedo scorrere le sagome scure delle baracche del campo di Birkenau, quest'ultimo è collegato ad Auschwitz da tre chilometri di binari, che emergono come scheletri anneriti nella nebbia al di là del reticolato. Il clima all'interno del pullman sta cambiando, il tono della voce che usiamo è più basso, discreto e rispettoso.
La guida che ci prende in consegna ci parla in tono pacato, chiaro e quasi distaccato; è evidente fin troppo che deve essere così per non rimanere ogni volta coinvolto e trascinato nel vortice delle emozioni che ciò che sta raccontando gli suscita.
Mi sento pronto, mi sono preparato, documentato, ho visto film e documentari, parlato con ex deportati; quando mi trovo però a dover varcare quel confine ideale della memoria che è il cancello con su scritto "arbeit macht frei", mi sento colpire allo stomaco, travolgere dalla commozione e dall'indignazione: Mi colpisce, al punto di chiederne spiegazione, il modo di esprimersi della guida che, confermandomi quello che ho sostenuto prima, controlla la sua emotività per far sì che il visitatore venga colpito da quello che egli dice e non da ciò che sente dentro. Questi, descrivendo ciò che qui avveniva, parla di tedeschi e di hitleriani e, mi spiega, la sua intenzione è proprio quella di differenziare il proprio modo di esprimersi a seconda che si riferisca a un popolo o ai carnefici.
Tutti rimaniamo travolti dalle sconcertanti immagini che le parole della guida generano nella nostra mente; Blok Smierci, il blocco della morte dove, fra i tantissimi, nei sotterranei è stato lasciato a morire il padre francescano polacco San Massimiliano Kolbe; il muro della morte, di fronte al quale cantiamo con grande difficoltà. Il percorrere, sostare negli spazi che hanno visto l'annientamento fisico e morale di tante persone, voluto da altri e ancora oggi messo in discussione, mi angoscia, ma voglio andare avanti, sapere, conoscere tutto, anche nei minimi e più truci particolari, anche se questo non mi può comunque aiutare a capire perché tutto questo è potuto accadere.
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